di Sofia Fraschini
Il merito di credito Mps scende a junk, il così detto livello spazzatura. Parola di Moody’s, che ieri ha tagliato il rating di Rocca Salimbeni di due gradini sentenziando che «gli aiuti di Stato richiesti non bastano a garantire un adeguato rafforzamento patrimoniale». Nel dettaglio, le valutazioni long-term debt e deposit sono state downgradate di due notch a Ba2 da Baa3. L’agenzia americana ha ridotto anche il rating a breve da «Prime-3» a «Not-Prime» e la forza finanziaria standalone a «E». L’outlook rimane negativo. Una decisione che seppur attesa dagli analisti ha fatto crollare il titolo in Borsa lasciando sul terreno 6 punti percentuali a 0,231 euro. A passare di mano è stato il 3,08% del capitale.
«Solo gestori sprovveduti avrebbero tenuto ancora il titolo in portafoglio» ha commentato ieri un operatore di mercato «immagino che tutti i fondi pensione se ne siano già liberati anche perchè il 90% dei clienti ha mandati di gestione che non consentono di investire in titoli junk». Quindi, alla luce del downgrade e del fatto che Mps è stata la sola banca italiana a non superare l’ultimo stress test e ha ricevuto sostegno dallo stato italiana, la strada per la raccolta torna quanto mai in salita: «C’è il timore che a questo primo downgrade seguiranno quelli delle altre agenzie e se già prima la banca faceva fatica a raccogliere, ora la situazione potrebbe precipitare».
In particolare Moody’s rileva il fatto che nonostante l’iniezione di capitale da 1,5 miliardi da parte del governo, ci siano probabilità reali che la banca abbia bisogno di ulteriore sostegno dall’esterno nell’arco dell’orizzonte del rating. Come gli stress test dell’European banking authority (Eba) e di Bankitalia hanno mostrato, «Mps – afferma Moody’s – non è stata in grado di aumentare la propria base di capitale ai livelli richiesti», secondo cui una banca deve avere almeno un rapporto «core tier 1» del 9%. L’agenzia sottolinea inoltre che la qualità degli «asset di Mps è debole e continuerà a peggiorare date le deboli prospettive di crescita dell’Italia per la parte restante del 2012 e per il 2013».
Mps però non ci sta ad incassare queste osservazioni e ieri – per voce dell’ad Fabrizio Viola – ha espresso sconcerto per tempi e motivi del declassamento. «Moody’s non tiene nella giusta considerazione i Monti bond che, anche nello scenario peggiore di mancato raggiungimento degli obiettivi del piano al 2015 daranno un rinforzo al capitale. La decisione di tagliare il rating di Mps, osserva Viola, «o arriva troppo tardi, in quanto fa riferimento a questioni che attengono la scarsa capacità di generare reddito dell’ultimo anno e mezzo o troppo presto perchè di fatto bocciare o mettere in discussione un piano industriale che ha una prospettiva di tre anni e mezzo dopo solo sei mesi dall’avvio non mi sembra giusto». Il piano industriale del Monte al 2015 punta a riguadagnare una redditività del 7%. Un piano industriale, aggiunge il top manager, «avviato in tutte le attività previste sia dal lato della produttività che dell’efficienza operativa». Secondo Viola, da parte di moody’s non si è valutato con attenzione che «abbiamo completato un esercizio Eba impegnativo con un deficit patrimoniale da colmare di 3,4 miliardi e con azioni avviate per ridurlo a 1,4 miliardi». Un deficit, ricorda ancora Viola, «tutto riconducibile alle minusvalenze sui titoli di Stato italiani che la banca ha acquistato. Titoli che iniziano a beneficiare dalla riduzione dello spread». Di fatto diversi analisti concordano nel dire che il vero test sarà l’aumento di capitale e in particolare la capacità di trovare un partner che entri ad un prezzo interessante e che apporti il suo contributo riferendosi all’aumento senza diritto di opzione per cui il cda ha ricevuto delega dall’assemblea e che la banca vorrebbe lanciare verso fine 2014. Ieri intanto Mediobanca, nella sua morning note, ricorda di aver stimato che gli attivi netti deteriorati del Monte pesino per il 140% circa del capitale core Tier 1 e che questo sia «certamente un motivo di preoccupazione». Mediobanca comunque ritiene anche che l’aumento di capitale che Mps prevede di lanciare entro il 2015 per ripagare gli aiuti di Stato «possa non essere necessario» se ci fosse in futuro un miglioramento dello spread a cui l’esposizione della banca è molto sensibile.